2. Storici ed esperti di diversi campi hanno espresso varie opinioni sulla funzione dei cunicoli; pareri questi che è interessante esaminare.
La parola cuniculus è impiegata in epoca romana per indicare i passaggi sotterranei usati per invadere città (cuniculus urbem capere) e per tagliare le loro condotte di alimentazione idrica. Nella sua Ab urbe condita libri, Tito Livio (59 a.C. - 17 d.C.) cita il corpo di cuniculari dell'esercito di Camillo impiegato nella conquista della città etrusca di Veio nel 396 a.C. Non è forse casuale che nell'area veiente, circa 15 km a nord di Roma, la densità di cunicoli sia molto elevata. Fu forse grazie ad una rete di cunicoli già esistente che fu facilitato l'accesso in città agli assedianti, piuttosto che ad uno scavo appositamente condotto per la circostanza.
Famiano Nardino è lo scrittore a trattare per primo dei cunicoli in epoca moderna in un volume su l'Antica Veio, edito nel 1647. Egli sostiene che i cunicoli sottopassanti la cinta muraria dell'antica Veio, sono i passaggi usati da Camillo per entrare nella città.
A. Nibby, uno dei grandi viaggiatori della Campagna romana, non concorda con il Nardini. Nel suo libro Viaggio antiquario dei contorni di Roma, pubblicato nel 1819, dichiara infatti che a suo avviso i cunicoli osservati dal Nardini non son'altro che fogne.
Nell'anno seguente, G.B. Brocchi, nella sua memoria illustrativa alla carta geologica di Roma, cita brevemente un cunicolo scoperto in Roma ai piedi dell'Aventino senza aggiungere nulla sulle sue possibili funzioni.
Circa trenta anni dopo, siamo nel 1852, A.E. Braun, in una conferenza tenuta all'Istituto di Corrispondenza Archeologica in occasione dell'anniversario della fondazione di Roma, riferendosi ad un cunicolo osservato in Roma al piede del Palatino, dichiara: "Attesoché il tufo volcanico, che forma le viscere delle colline romane, non è solamente fragile e soggetto alle mosse di terra, ma resiste anche tanto poco all'influenza dell'umidità, ci voleva un sistema particolare per difendere le località occupate all'uopo della quotidiana dimora tanto contro le vacillazioni della gravità 3, quanto contro gli effetti dell'acqua, che in queste contrade diventano pestifere e micidiali". In tale rapporto i cunicoli vengono per la prima volta interpretati come opere di drenaggio profondo con scopi estesi alla bonifica igienica. Braun è il primo ad attribuire lo scavo dei cunicoli (più antichi) agli Etruschi, fino ad allora considerato iniziativa romana.
Nel 1857 C.H. Deschemet descrive accuratamente un complesso sistema di cunicoli scoperti, sempre in Roma, nella collina dell'Aventino nei pressi della chiesa di S. Sabina, non molto distante dal cunicolo citato dal Brocchi alcuni decenni prima. Anche per i vari adattamenti succedutisi nel tempo, molte discussioni si sono avute sulle sue funzioni, senza peraltro portare ad alcuna conclusione. Secondo il Deschemet i cunicoli di S. Sabina sono rami dì un acquedotto romano.
A suggerire una nuova ipotesi sulla funzione dei cunicoli è R. Canevari (1875) descrivendo i lavori di scavo sulla collina del Quirinale in Roma per far posto alle fondazioni del fabbricato del Ministero delle Finanze. Negli strati di tufo e pozzolana del sottosuolo il Canevari trova vari tipi di tunnel scavati su quattro livelli diversi e diramantisi in tutte le direzioni. I tunnel del primo e terzo livello, alla profondità di 8 e 12 metri rispettivamente, presentano una sezione di molti metri quadrati e sono senza dubbio antiche cave di pozzolana per uso edilizio. Sebbene i tunnel del secondo e quarto livello, alla profondità di 11 e 12 metri rispettivamente, fossero decisamente più piccoli, Canevari ritiene che solo quelli del secondo siano veri cunicoli. Egli nota che le loro pareti sono incrostate da depositi calcarei e la sezione intasata da materiale argilloso. Per tale ragione egli ritiene che lo scopo per cui vennero scavati sia quello dello scolo delle acque. Poiché privi di deposito calcareo, il Canevari pensa che i cunicoli del quarto livello siano stati scavati per la ricerca di nuovi banchi di pozzolana. Il tentativo di datare i cunicoli porta il Canevari a ritenere che i cunicoli del quarto livello risalgano agli "oscuri secoli che seguirono la decadenza romana".
Il Padre A. Secchi è il primo ad interpretare i cunicoli come condotti di captazione di acqua potabile in aree rurali. In un articolo pubblicato nel 1876 Intorno ad alcune opere idrauliche antiche rinvenute nella campagna di Roma, il Secchi descrive appunto i cunicoli come un mezzo per captare le acque filtrate dal terreno rendendo disponibili agli agricoltori utili, seppur modeste, quantità di acqua.
Poco dopo la costituzione dello Stato italiano con Roma capitale (1870), vengono pubblicati molti studi che ripropongono la vecchia teoria secondo la quale i cunicoli sono stati scavati a scopo di drenaggio. A quel tempo molti tecnici erano impegnati nella soluzione dei problemi posti dalle paludi che, sin dai tempi dei romani, erano fonte di malaria.
In questo quadro, P. Di Tucci, segretario della Commissione Governativa per la Bonifica della Campagna Romana e appassionato studioso di tali problemi, pubblica nel 1878 un lavoro intitolato Dell'antico e presente stato della Campagna di Roma in rapporto alla salubrità dell'aria e alla fertilità del suolo. Di Tucci abbraccìa in sostanza la vecchia teoria del Braun e giunge alla conclusione che la rete di cunicoli della campagna romana costituisca un grandioso sistema drenante creato in epoca romana. Come molti suoi contemporanei il Di Tucci è convinto che la insalubrità del territorio sia solo la conseguenza di un eccessivo grado di umidità 4.
Forse la teoria che i cunicoli siano opere di drenaggio non sarebbe stata così largamente accettata se a farsene appassionato sostenitore non fosse stato C. Tommasi Crudeli, famoso medico ed esperto del problema malarico che in quegli anni impegnava duramente le autorità locali ed il governo centrale stesso. In una famosa pubblicazione pubblicata nel 1879, intitolata Della distribuzione delle acque nel sottosuolo dell'agro romano e della sua influenza sulla produzione della malaria, la prima dì una lunga serie sull'argomento, Tommasi Crudeli sposa la teoria dei cunicoli quali opere scavate nella campagna romana per combattere la malaria. Egli scrive: "I tufi vulcanici che predominano nell'Agro romano sono permeabili all'acqua, ma lo sono molto meno del terreno vegetale che li ricuopre ... L'acqua di pioggia che cade sulle colline penetra facilmente e rapidamente a traverso tutto lo strato di terreno vegetale .... ma giunta alla superficie del tufo ... non può continuare a penetrare nel suolo colla stessa rapidità. Quindi appena le piogge cominciano a spesseggiare, una parte ragguardevole dell'acqua piovana viene tenuta in collo dal sottosuolo, e tende ad accumularsi in maggiore o minore quantità tra questo ed il soprassuolo. Talvolta quest'acqua tenuta in collo resta in sito, perché le inclinazioni della superficie del sottosuolo poco permeabile (spesso molto diverse dalle inclinazioni della superficie del soprassuolo) formano una specie di conca, dove essa rimane largamente raccolta; quindi non dì rado avviene dì vedere degli acquitrini prodursi anche sulla cima dei poggi ... Cessata la stagione delle piogge, tutti questi acquitrini situati in falda o alla base delle colline, si convertono in pantani, nei quali, mentre gli strati superficiali si asciugano e si screpolano, gli strati più profondi conservano tanta umidità da poter convertirsi mediante l'azione combinata dei calori estivi e dell'aria che penetra a traverso le crepacce del suolo fino ad essi, in un campo favorevolissimo alla produzione della malaria".
Secondo il Tommasi Crudeli gli antichi romani disponevano di vari mezzi per correggere tale condizione. Sulla base anche degli scritti di Catone, nato a Tuscolo nel III sec. a.C., e di Columella, attivo in Roma dal 41 a.C., egli elenca i fossi aperti, i tubi in terracotta sotterranei e i cunicoli. Egli però sottolinea il fatto che nessuno dei due scrittori citi esplicitamente la tecnica cunicolare. Tommasi Crudeli esplora molti cunicoli. In uno di questi vicino alla via Flaminia, poco a nord di Roma, egli trova il piccone in ferro usato dall'antico scavatore; strumento formato da due piramidi allungate collegate per la base (l'uso del ferro è comune nel Lazio a partire dall'VIII sec. a.C). Ironia vuole che il sistema di cunicoli scoperto da Tommasi Crudeli vicino al forte Troiani alla periferia est di Roma, e illustrato come tipico (e come tale citato da molti successivi scrittori), non sia stato scavato a scopo di bonifica. Infatti, tale complesso sistema di condotti (la sezione dei quali è tipica dei cunicoli) è connessa ad una cisterna ed è corredata al suo imbocco nella stessa di un pannello perforato di piombo per la filtrazione delle acque raccolte.
Tommasi Crudeli modifica successivamente la sua teoria sulle condizioni favorevoli alla diffusione della malaria, ritornando anche sulla idea che i cunicoli fossero opera dei romani e ridatandoli ad una imprecisata epoca remota. A suo avviso gli scrittori georgici non menzionano i cunicoli perché all'epoca ben conosciuti. Ciò non spiega però perché tanto spazio venga invece dedicato dagli stessi scrittori alle altre pratiche agricole, altrettanto più diffuse e note.
Le teoria proposta da Di Tucci e da Tommasi Crudeli, che vede cunicoli opere di drenaggio, viene condivisa da numerosi esperti del momento quali i geologi R. Lanciani (1879) e G. De Angelis D'Ossat (1894), l'archeologo francese M.R. De La Blanchère (1882) e, più tardi, l'agronomo G. Del Pelo Pardi (1943); ma è anche tenacemente confutata dal geologo G. Ponzi (1879) che ritiene i cunicoli tunnel dì captazione di sorgenti ed A. Celli (1925) che li considera un mezzo per avere acqua potabile.
De La Blanchère, con la voce Cuniculus del Dictionnaire des antiquités greques et romans par Daremberg et Saglio (1877), fa conoscere all'estero i cunicoli quali opere di drenaggio. Di fatto i cunicoli vengono studiati come tali anche da studiosi stranieri, il più noto dei quali è T. Ashby, direttore della British School dì Roma. Alla voce Latium, della Encyclopaedia Britannica (1962) egli vi dedica un intero paragrafo.
In un lungo articolo pubblicato nel 1919 nel Bollettino della Reale Società Geografica Italiana, P. Fraccaro dà un valido e documentato contributo a chiarimento della materia. Egli díchiara che i cunicoli della campagna romana vanno messi in relazione ad un metodo di ricerca d'acqua diffusa in tutto il bacino mediterraneo e sugli altipiani dell'Iran, dove una antica tecnica di captazione è tutt'ora in uso. Egli si riferisce ai famosi qanat, tunnel scavati nei territori aridi ad una profondità tale da intercettare la falda. I qanat, analogamente ai cunicoli, presentano una serie di pozzi verticali per la ventilazione e l'estrazione dei materiali di scavo e di manutenzione. Tali materiali, accumulati in superficie intorno alla bocca dei pozzi anche per prevenire l'ingresso delle acque di scorrimento superficiale, rendono visibile in superficie l'esistenza e la direzione dei sottostanti qanat (fig. 13).
Khettara (qanat). Tafilalet, Marocco.

Fig. 13 Il fascio di cunicoli marocchini (khettara), simili ai qanat iraniani, fornisce l'acqua per irrigare un'oasi nella vallata del Tafilalet sul versante sahariano della catena montuosa dell'Alto Atlante. Nel Tafilalet si contano 86 khettara per una lunghezza totale di 300 km. Attualmente solo 46 sono funzionanti. La loro costruzione viene fatta risalire ad un periodo compreso tra il VII e il XVI sec. Sono pertanto molto più recenti di quelli del Lazio e del vicino Oriente. La loro portata è piuttosto rilevante ammontando a 10-15 l/sec ciascuno. L'andamento del loro percorso è reso visibile in superficie dal cumulo di terra di scavo raccolto sul bordo dei pozzi di accesso. La terra di scavo è così impiegata per impedire l'accesso nei pozzi delle eventuale acque torbide di superficie.


Kettara (qanat) del Marocco.

Fig. 14 Struttura dei khettara del Marocco.


In ogni modo la vecchia teoria che i cunicoli siano opera dì drenaggio e bonifica del territorio trova ancora sostenitori. Un gruppo di archeologi della British School di Roma conduce nei primi anni 60 uno studio dei cunicoli dei dintorni di Roma molto accurato, nei quali però accomuna numerosi tipi di tunnel di differenti dimensioni, funzioni ed età. Essi ritengono che la principale funzione dei field cunicoli sia la difesa dalle erosioni dei fondovalle ottenuta convogliando l'acqua in cunicoli scavati al piede delle colline latistanti.
In un seminario sulla Formazione delle città del Lazio, tenuto a Roma nel 1977, i cunicoli vengono presentati come opere a prevalente funzione di drenaggio e, secondariamente, di irrigazione.
L. Quilici in Roma primitiva e le origini della civiltà laziale (1979) esprime l'idea che i cunicoli siano stati scavati in epoca romana tardo imperiale per la captazione della falda. Il volume, dal quale è stato tratto spunto per la costruzione della Tavola sinottica è una delle prime interessanti analisi a largo respiro della storia del Lazio arcaico visto nella sua unità territoriale e nelle motivazioni economiche del suo sviluppo civile.
Dei cunicoli laziali trattano per inciso C. Braun ed H. Globot in due vasti studi sui qanat apparsi rispettivamente nel 1974 e nel 1979. Ambedue si pongono in particolare la domanda se si tratti di un'invenzione autonoma degli etruschi o di una tecnica importata all'epoca dall'altopiano armeno-iraniano, senza darsi però una risposta certa.
Le più recenti citazioni dei cunicoli appaiono come incidentali in lavori non specifici di tal genere di opere e la funzione loro attribuita non è altro che una ripresa acritica e spesso non documentata di tesi già formulate.



3 terremoti.

4 Alcuni anni dopo si scopre che la malaria (già definita malsania) non è un miasma emesso dal terreno bagnato, ma una malattia dovuta ad un protozoo il cui ciclo biologico ha luogo nel corpo della anofele che prolifera in ambiente caldo con acque stagnanti.


[ Torna all'indice | Vai al capitolo successivo ]